Il fumetto come manifesto di impegno civile

Da Oubliette Magazine

Giovedì, 15 settembre. La proiezione che ha maggiormente attirato l’attenzione di Oubliette Magazine, media partner per l’intera parabola settembrina del Festival Sole Luna, si è rivelata quella fuori concorso di Uccellacci! 10 anni di Becchi Gialli”.

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Presentato dai registi Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, dall’editore Guido Ostanel e da Alberto Polita, fondatore dell’acclamato Treviso Comic Book Festival (il cui supporto al progetto è risultato notevole), il documentario ripercorre attraverso le testimonianze di numerosissimi autori e collaboratori la storia dell’unica casa editrice italiana specializzata nel graphic journalism.

BeccoGiallo fin dal principio ha voluto coinvolgere giovani artisti emergenti indirizzando il loro talento verso il fumetto d’impegno civile, mezzo espressivo privilegiato per narrare le biografie dei grandi personaggi di oggi, di ieri e dell’altro ieri con la leggerezza, l’ironia e il rispetto per la verità documentata e per le persone che l’hanno plasmata adatti ad avvicinare la fetta di pubblico potenzialmente più ricettiva, anche se non necessariamente già fidelizzata al genere.

Da Martin Luther King a Gigi Meroni, da Julian Assange a Che Guevara, da Antonio Gramsci ad Enrico Berlinguer, fino a Pier Paolo Pasolini e Gian Maria Volonté, sono molteplici le figure emblematiche dell’ultimo secolo a trovare collocazione in un sempre più ricco catalogo che sottecchi volge lo sguardo alla nota e quasi omonima rivista satirica italiana attiva durante il primo fascismo.

Nel corso del film si aggiungono poi gli icastici resoconti, introdotti nelle sezioni di fiction dal pupazzo BeccoGiallo (in sé e per sé, non a caso, ambasciatore d’infauste notizie), di quei fatti di cronaca storica, nera ed estera, specchio loro malgrado di una “realtà che fa schifo”, e che come tale deve essere restituita nell’intento prioritario di nutrirne la (scarsa) co(no)scienza da parte di quei giovani italiani i quali, lo sappiamo, leggono poco e proseguono nel loro futuro spesso senza sapere da quale humus culturale stanno muovendo.

Grazie ad approfondimenti sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e l’assassinio di Aldo Moro, il massacro del Circeo e il disastro di Chernobyl, le stragi di Bologna e Piazza Fontana, le tragedie del Vajont e di Ustica, i terremoti del Friuli e dell’Aquila, persino sul caso Unabomber, ma anche sulla mafia, la Shoah, l’immigrazione “spiegate ai bambini”, l’etica e la retorica di questi illustratori si consolidano e si raffinano, e a chi accusa la casa di rinunciare ai grandi numeri, sanno proporre non solo i best-seller (“Peppino Impastato” e “Ilaria Alpi – Il prezzo della verità”), sostenuti da una cerchia di lettori in vistoso aumento, ma anche e soprattutto la propria salda ed inconfondibile identità, non diluibile, non prostituibile ad altri contenitori mediatici più generalisti.

Volendo focalizzaci sull’opera audiovisiva, “Uccellacci! 10 anni di Becchi Gialli” è in definitiva, data la pluralità delle cooperazioni sollecitate, un prodotto verboso ma esaustivo, dal montaggio concitato e caratterizzato da un taglio vicino agli stilemi del piccolo schermo (in questo assomiglia più ad un reportage televisivo che ad lungo cinematografico).

Non si tratta di una menda se lo si considera per quale realmente si presenta, ossia frutto primariamente di una passione viscerale, tale da giustificare persino la nascita di due atti teatrali interamente dedicati al ricordo e al tempo stesso alla promozione del patrimonio artistico di orgoglioso rilievo costituito dalle strisce, autorevoli parimenti se in forma di romanzo.

Gli appassionati certo sapranno apprezzare più degli altri un titolo così sul pezzo, deciso nel mettere a fuoco tematiche e circostanze puntualissime; ma il mondo significante celato dietro l’avvertimento “Attenzione: leggere libri… può causare indignazione”, vera dichiarazione di poetica del film e dei suoi protagonisti, non può che essere destinato ad un pubblico dai molti volti.

MilanoX: la replica di Uccellacci!

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Uccellacci @ Spazio Oberdan

Pubblicato da MilanoX

Ore 16:30 Spazio Oberdan piazza Oberdan (MM porta Venezia)

Uccellacci! 10 anni di BecchiGialli, un documentario che, per la prima volta, ricostruisce la storia del giornalismo a fumetti in Italia testimoniando un’unico caso editoriale nostrano specializzato in fumetto di realtà.

Niente supereroi, niente cowboy, niente alieni, niente vampiri, niente zombie… solo Graphic Journalism.

Dai circuiti delle autoproduzioni e del fumetto underground fino alle luci della ribalta del giornalismo a fumetti oggi tanto richiesto dalla stampa istituzionale: le inchieste, la cronaca, le stragi, le biografie di personaggi storici. Il fumetto perde le sue caratteristiche di mero intrattenimento e finalmente si occupa di cose serie, racconta solo la realtà e diventa così un prezioso strumento d’impegno civile.

La tesi è che qui non si fanno fumetti né per guadagnare soldi né per diventare famosi, ma perché il giornalismo a fumetti è un atto di impegno civile: lascia poco spazio per l’arte fine a se stessa, per i fumetti auto-referenziali, per la fiction… il suo obiettivo è di produrre memoria.

Uccellacci! La prima recensione

Da longtake.it Posted on 11 settembre 2016

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Inserita nel programma del MFF (sezione Eventi Speciali), la proiezione in anteprima del documentario Uccellacci! 10 anni di BecchiGialli, preceduta dalla distribuzione di confetti giallo acceso, aveva i toni di una intima riunione di famiglia. BeccoGiallo è una casa editrice veneta che, dal 2005, pubblica graphic novel improntate sulla coscienza civile e l’impegno sociale. Nata a Oderzo (provincia di Treviso) e attualmente in una via acciottolata del centro di Padova, rivendica orgogliosa i suoi dieci anni di vita.

Il documentario narra la sua storia con le voci degli altri. Sullo schermo viene data la parola ai singoli racconti di fumettisti, sceneggiatori e autori legati all’azienda: «Una comunità disseminata sul territorio, dall’ultimo lembo di Sicilia alle Alpi», afferma Guido Ostanel, direttore editoriale.

La regia di Ciaj Anna Rocchi e Matteo Demonte intervalla le loro esperienze al leitmotiv del documentario: il fantoccio pennuto bianco e nero, simbolo della BeccoGiallo, aiuta una ragazza, interpretata dall’attrice teatrale Enrica Chiurazzi, a ricordare la sua identità scorrendo il catalogo editoriale della stessa. In questo puzzle di fumetti su Peppino Impastato, Enrico Berlinguer e Ilaria Alpi si palesa l’intento di sottolineare la risonanza dei fatti storico-politici sulle esistenze dei singoli.

Il nome della casa editrice deriva da una rivista satirica anti-fascista pubblicata dal 1924: il loro simbolo era un merlo col becco aperto, pronto a rivelare ogni scomoda verità. Interessante la connessione con lo struzzo emblema dell’Einaudi, non si tratta di fumetti ma di comune vocazione alla non censura, sfruttando le parole di Norberto Bobbio: «È uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia».

Al film ha fatto seguito una tavola rotonda sul graphic journalism in Italia, con alcuni dei volti appena visti in video che parlavano alla platea con informalità, mostrando lo stesso coinvolgimento dei circa 60 minuti di un documentario tecnicamente semplice ma incisivo.

 

Chi c’era? Uccellacci! al MFF

Ecco le immagini della grande giornata di ieri al MFF: abbiamo documentato tutto, passo passo, dai primi saluti del pomeriggio agli abbracci della sera ed è stato bellissimo!

Grazie a tutti di aver partecipato: Matteo Demonte, Enrica Chiurazzi, Alberto Nigro, Guido Ostanel, Elettra Stamboulis, Francesco Barilli, Matteo Fenoglio, Marco Rizzo, Alino, Maurizio Principato e poi ancora grazie a Floriana, Samanta, Sonia, Brunella, Carlo, Marta, Hari, Marco, Wei Jia, Luisa, Eleonora… e a tutti quelli che sono venuti a trovarci.

Le fotografie sono di Giovanni Aloisi, aka urcalagiovanna

La tavola rotonda di Uccellacci!

Milano 10 settembre 2016
In occasione della prima visione di Uccellacci! 10 anni di BecchiGialli al Milano Film Festival, si è tenuta anche la prima grande tavola rotonda sulla situazione del graphic journalism nostrano, il titolo Cronache Disegnate (#01) – Microstoria del giornalismo a fumetti in Italia.

Ve la siete persa? Nessun problema, noi l’abbiamo filmata in diretta per voi perché è stato un evento straordinario e crediamo sia sempre più importante oggi, continuare a parlare di fumetti di impegno civile.

Ospiti: Elettra Stamboulis, Francesco Barilli, Marco Rizzo, Matteo Fenoglio, Alino (direttore artistico di Napoli Comicon) e Maurizio Principato (RadioPop)

L’Espresso parla di Uccellacci!

Da L’Espresso

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Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, già autori di una bellissima graphic novel dal titolo Primavere e autunni edita da BeccoGiallo, tornano a raccontarci una storia. Uccellacci è il loro ultimo documentario, prodotto da Alberto Nigro che verrà proiettato oggi 10 settembre, al Milano Film Festival, presso il Mudec di via Tortona 56. Come nasce e resiste nel tempo una casa editrice vocata a un registro linguistico come quello del graphic journalism? Uccellacci è la biografia artistica di una casa editrice, BeccoGiallo, nata dalla passione e dall’audacia di due giovani visionari: Federico Zaghis e Guido Ostanel. Due audaci editori che in tempi non sospetti e in larghissimo anticipo sui trend di mercato hanno scelto di raccontare attraverso il graphic journalism alcuni dei più importanti fatti di cronaca italiana. La dedizione e la cura verso i loro prodotti editoriali hanno sedimentato negli autori della scuderia un vero e proprio orgoglio di appartenenza, con un senso etico comune molto forte sui temi trattati e sulla qualità artistica messa in campo. In direzione ostinata e contraria a qualunque legge di marketing, che orienta spesso le major editoriali, BeccoGiallo crede ancora nella funzione pedagogica della cultura e della memoria come identità di una comunità.  Ciaj Rocchi, videomaker e autrice BeccoGiallo qui ci racconta come nasce Uccellacci

È un caso che Uccellacci nel titolo ricordi il film di Pier Paolo Pasolini Uccellacci e uccellini?

No hai ragione, io non credo al caso. Il titolo del documentario che ho realizzato insieme a mio marito Matteo Demonte è chiaramente una citazione a Pasolini che secondo noi diventa un buon simbolo per rappresentare quel concetto di memoria tanto caro agli autori di graphic journalism, quello di ricordare per capire.

Anche la nostra protagonista ha bisogno di ricordare, ha perso la memoria, ed è attraverso i libri del catalogo BeccoGiallo che pian piano riesce a ritrovare tutti i tasselli del puzzle che compongono la sua vita. E questo avviene perché, come dice il BeccoGiallo nel documentario – e il BeccoGiallo è un pupazzo parlante che abbiamo costruito e che si interfaccia con la nostra protagonista – la realtà ci circonda e ci scorre a fianco; chissà quante volte siamo stati influenzati o anche solo leggermente sfiorati da fatti che prescindevano la nostra vita contingente: fatti di rilevanza storica, politica, sociale… Sono stimoli che si fissano nella memoria e a quel punto sedimentano dentro di noi pronti ad attivarsi, richiamati da un qualunque tipo di collegamento. Ecco perché raccontando la realtà BeccoGiallo racconta una storia comune, condivide la sua memoria trasformandola in un patrimonio collettivo.

Dagli gli autori intervistati, emerge un forte senso di appartenenza alla scuderia BeccoGiallo, quasi l’orgoglio e la sensazione di essere parte di una missione?

Hai colto nel segno. Parlerei di una vocazione, di un’urgenza personale di documentare nel rispetto della storia e di chi quella storia l’ha vissuta in prima persona. E infatti questa per me, che venivo dal mondo del videomaking e che prima di pubblicare Primavere e Autunni non avevo approfondito particolarmente il fumetto come linguaggio, è stata una scoperta. Scoprire che c’erano decine e decine d’autori in Italia che avevano fatto del fumetto di realtà uno strumento di impegno civile, di militanza, è stata una cosa che umanamente mi ha fatto crescere, anche perché di graphic journalism non ci si campa. E quindi diveniva importante per me raccogliere il maggior numero di testimonianze possibili, perché fosse proprio attraverso la viva voce di questi autori, con i loro volti e con il loro personalissimo percorso, che potessimo fare il punto sugli ultimi 10  anni di graphic journalism in Italia. Volevo che fosse un racconto corale perché era l’unico modo per far emergere quel senso di appartenenza a una comunità che parla lo stesso linguaggio, che si rifà agli stessi simboli e quindi, in un mondo che tende sempre più all’individualismo, ci aiuta a  sentirci meno soli.

BeccoGiallo “non è solo una casa editrice è anche un’azienda” sostiene Guido Ostanel fondatore e direttore editoriale della casa editrice. In Uccellacci però non manca una certa ironia verso i colossi dell’editoria che concepiscono il prodotto editoriale principalmente come un prodotto di marketing…

In realtà Guido Ostanel nel documentario dice che secondo lui BeccoGiallo non è una casa editrice convenzionale. Dice che tecnicamente non ci sono molti dubbi, sono un’azienda, ma che quando quotidianamente fa il suo lavoro, ha più l’impressione di far parte di una banda, di una squadra fatta di autori, insegnanti, lettori, bambini, librai… Parla anche lui di una comunità disseminata sul territorio, dall’ultimo lembo di Sicilia alle Alpi.

Per quanto riguarda l’ironia che usiamo verso i colossi dell’editoria, in realtà forse direi che è più ironia che mi sento di fare io in qualità di autrice ai miei editori. Quel pezzo l’ho scritto proprio pensando di pungerli sul vivo, per fargli capire che alla fine non basta pubblicare il libro più bello o più giusto del mondo, ma poi bisogna che la gente lo sappia, e quindi bisognerebbe fare un ulteriore investimento perché molti di questi autori sono autori emergenti e non ce la fanno a camminare con le proprie gambe. E allora va bene essere puri e non rientrare negli ingranaggi della grande macchina dell’editoria, ma è giusto anche che questi argomenti vengano portati al grande pubblico, quello anche più mainstream. È per questo che abbiamo scelto il Milano Film Festival come palcoscenico per la nostra anteprima, per far sì che il pubblico fosse più ampio e anche più mondano, mentre di solito di queste cose si parla solo all’interno dei circuititi del fumetto o della militanza politica dove per ovvie ragioni trovano maggiore risonanza.

La “nicchia editoriale” è un pregio o un limite al giorno d’oggi? Cioè, come si fa a raggiungere un pubblico di lettori più ampio in questa sorta di evangelizzazione culturale senza perdere la propria identità?

Si fa che non ci sono compromessi da fare, perché è il mondo che sta cambiando. Parole come coscienza comune e impegno civile sono ormai entrate nel nostro lessico, è un modo di vivere più sostenibile quello in cui ci dobbiamo proiettare nell’immediato futuro se vogliamo sopravvivere, e non lo dico io, lo dicono tutti oramai. Ti faccio un esempio, io sono vegetariana dalla nascita, sono nata nel 1976 e allora nessuno era vegetariano; il pediatra disse a mia madre che era una pazza e che io non avrei passato l’anno di vita. Eravamo una nicchia. Oggi a distanza di 40 anni, tutti maggiori supermercati nazionali hanno una sezione dedicata a chi non mangia prodotti di origine animale.

Sono i contenuti la cosa importante, non le definizioni. È  il pubblico che deve scegliere cosa vuole, e se oggi nelle grandi catene di librerie nazionali si trovano anche fumetti e graphic novel di impegno civile, beh questo lo dobbiamo principalmente a BeccoGiallo, unico editore ad avere un taglio così specifico.

E comunque fa parte del mainstream inglobare la nicchia. Anche BeccoGiallo ha pescato nei circuiti underground portando sullo scaffale di varia autori che prima appartenevano al mondo delle autoproduzioni, per cui in realtà è un gioco di specchi in cui per fortuna le nicchie continuano a nascere e a rigenerarsi, come in un pozzo dell’eterna giovinezza.

“Leggere può provocare indignazione” è uno slogan bello e forte, quali sono i punti forza del vostro graphic journalism?

Più che il valore del nostro graphic journalism è il valore del graphic journalism in generale che diventa anche uno strumento pedagogico. Applica il linguaggio del fumetto alla realtà provocando degli effetti. Lo spiega bene Alessia di Giovanni nel documentario quando dice che BeccoGiallo le ha dato la possibilità di trattare temi di cui nessuno di solito vuole sentir parlare, in particolare si riferisce alla violenza sulle donne. Lo chiarisce Marco Rizzo quando dice che BeccoGiallo gli ha dato la possibilità di lavorare su storie che non hanno ancora raggiunto una verità processuale, come il caso di Ilaria Alpi o di Mauro Rostagno, o che necessitano comunque continuamente di essere ricordate come quella di Peppino Impastato. Il grande vantaggio della graphic novel è di raccontare in modo semplice temi complessi, il punto di forza del graphic journalism sono i suoi contenuti.

Uccellacci! 10 anni di BecchiGialli

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